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Tipografia e intelligenza artificiale

Le frontiere del machine-learning e delle reti neurali artificiali sono affascinanti: è possibile insegnare ad una macchina? Fino a che punto, poi, saprà essere autonoma nelle decisioni e nella risoluzione dei problemi? Riuscirà poi ad imparare da sola, senza input umani dall'esterno? Ignorando il timore dell'effetto Terminator (le macchine che prendono il sopravvento, per capirci, e cancellano la razza umana) e memori di decenni di fantascienza letteraria e cinematografica, l'idea di una macchina pensante creata dall'uomo è un tema caldo — oggi più che mai, a pochi anni dall'ipotesi di una singolarità tecnologica — e ricco di interesse e fascino.

È quello che deve aver pensato Erik Bernhardsson, ex-ingegnere di Spotify. Con poche righe di script ha scaricato dalla rete quasi 50.000 singoli font, e li ha dati in pasto ad una intelligenza artificiale dotata di machine-learning — tutte le specifiche della macchina, incluso il codice sorgente, sono disponibili sul suo blog. Bernhardsson ha quindi proposto alla macchina di risolvere alcuni problemi tipografici — le risposte del computer, indovinate un po', sono sorprendenti.

 

Completare set di glifi mancanti

Prima domanda: basandosi sul design delle altre lettere di un determinato carattere, la macchina è capace di ricostruire un glifo mancante? Per ogni coppia di lettere che vedete qui sotto, quella a sinistra sarebbe stata l'originale (opportunamente rimossa da Bernhardsson). Subito a destra, l'ipotesi della macchina. È facile notare come i risultati siano più che soddisfacenti con parecchi glifi. La macchina è apparentemente in difficoltà solo quando i tratti del carattere sono particolarmente sottili, perché bastano pochi pixel di errore nella lettura dell'originale o nel rendering artificiale per ottenere un glifo incompleto.

 

 

 

 

Generare un carattere medio

Con tanto materiale a disposizione, può una macchina costruire un font risultante dalla media di tutti i dati? L'intelligenza artificiale di Bernhardsson ha prodotto due risultati: il primo è per media aritmetica (la somma di tutti i dati diviso il numero di tutti i dati), il secondo è il dato mediano (cioè, il punto che lascia il 50% dei risultati al di sotto e il 50% al di sopra). Entrambi i casi lasciano intuire come 50.000 caratteri, pur nelle loro diversità — e noi designer lo sappiamo bene — condividono sufficienti qualità comuni da restare leggibili secondo il nostro alfabeto.

 

 

Creare nuovi caratteri

La terza attività proposta alla macchina è stata: usare l'interpolazione (cioè: la modifica automatica, secondo variabili definite, dei punti e delle curve che tracciano la forma dei singoli glifi) tra più assi per permettere alla macchina di generare nuovi font. Nel primo esempio, ai quattro angoli del quadrato ci sono quattro diversi font. Tutti i passaggi intermedi in mezzo sono stati generati dall'intelligenza artificiale. Anche qui, il risultato è molto interessante.

 

 

Nel secondo esempio, invece, vediamo l'interpolazione applicata a quattro diverse forme di g minuscola (gli originali di partenza sono ai quattro angoli), con tutti i tentativi intermedi generati artificialmente.

 

Lasciata libera di immaginare (grazie, Asimov), la macchina ha provato a generare nuovi caratteri attraverso un disturbo random, che modificasse la posizione dei singoli punti della lettera in vettoriale.

 

 

Mappare e organizzare i caratteri

Con la mole di materiale a disposizione, Bernhardsson ha provato a far tracciare alla macchina una mappa bidimensionale, dove i caratteri fossero raggruppati per similitudine di design. Il risultato è impressionante.

 

 

Anche i designer in IDEO hanno prodotto una mappa di caratteri (questa volta, però, sono "solo" 750) generata attraverso reti neurali artificiali, che hanno analizzato ogni singolo carattere per disporlo più o meno vicino ad altri, secondo similitudini di design. Si può interagire e navigare la mappa online — con gli applausi della comunità di nerd della tipografia. Oppure, potete leggere la lunga intervista a Kevin Ho, ideatore del progetto in IDEO.

 

 

 

Fonti e approfondimenti: 1234 — 5